In principio era la bestia by Omar Di Monopoli

In principio era la bestia by Omar Di Monopoli

autore:Omar Di Monopoli [Monopoli, Omar Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-04-15T08:43:43+00:00


10.

La dimora dei Dirlampa era un antico castello con le mura sgorbiate dall’edera rampicante, nel bel mezzo di una vasta proprietà che comprendeva numerosi terreni a pascolo e si allargava sino a inglobare porzioni marginali dell’Arneo.

Mazzacane, il suo compagno di milizia e il domestico del barone varcarono il cancello principale scortati dai quattro gorilla armati. Maria Addolorata li precedeva battendo l’ambio in groppa a uno splendido morello e, quando il gruppo ebbe percorso l’intero viale breccioso, la figlia del padrone di casa fu l’unica a smontare da cavallo.

Un grosso alano maculato smise di raspare fra le siepi di caprifoglio e trotterellò verso di lei spargendo gir in giro coni di bava dalla lingua appesa tra le fauci.

La ragazza accarezzò la testa del cane, gli grattò muta la punta del cranio eppoi si voltò dalla parte dei suoi ospiti con occhi duri come l’ametista.

“Perché li hai portati quaggiù?” domandò di punto in bianco al servitore, come se i soldati non fossero là presenti ad accompagnarlo. Sotto la redingote indossava un corsetto indaco intrecciato di nastri rossi che le strizzava il piccolo seno e una gonna a balze scure dal taglio estremamente elegante, ma nell’insieme un che di mascolino caratterizzava la sua figura austera, un po’ tozza, il naso a becco d’aquila e la mascella angolosa come quella di un uomo. Non bella ma espressiva, e fascinosa in maniera perturbante.

Mazzacane deviò un’occhiataccia sui quattro gaglioffi che li tenevano ancora sottotiro prima di scippare la parola al domestico e mettere in chiaro che erano venuti solo per parlare, evitando – per il momento – ogni riferimento all’arresto del barone.

“Mio padre è partito stamattina di buon’ora per incontrare voialtri in paese,” disse allora la ragazza fattasi appresso al soldato in sella, aggiungendo sospettosa che le sembrava impossibile non si fossero incontrati.

“Effettivamente a papà vuosto uno àdda essere ciecato per non notarlo, cò tutti chilli armigeri ca se port appriesso...” rilanciò il militare agganciando i pollici al cinturone, eppoi, dopo aver fatto segno al lussuoso fortilizio, chiese se concedeva loro il permesso di entrare a discutere in privato con lei e sua sorella.

Il viso di Maria Addolorata si levigò in una contrazione nervosa.

“Pure con Mela vorreste parlare?” arcuò le sopracciglia e avvertì che non sarebbe stata impresa facile. Poi girò le spalle alla fila di cavalieri e si avviò sostenuta verso l’ingresso, col cane che non smetteva di farle le feste. Una volta a ridosso del portone, la ragazza si fermò offrendo il profilo e ordinò ai suoi giannizzeri di lasciar entrare il solo Mazzacane.

Di lì a poco il soldato la tampinava lungo un corridoio traboccante di stucchi e dipinti che ritraevano antenati del casato: una teoria di sguardi farinosi e mefistofelici li accompagnò a una vasta sala di rappresentanza col soffitto a cupola, piena di candelabri e colonne. Le pareti erano affrescate con scene mitologiche e ovunque facevano sfoggio di sé bizzarri trofei di caccia e luccicanti vasi di maiolica gonfi di rose muschiate.

Due fanciulle paffute, brune più del carbone, comparvero da una porticina



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